Le Memorie Gastronomiche dello Chef Ivo Gavazzi arrivano alla loro conclusione – ma non senza un gran finale. Questa maxi-puntata serve come saluto estivo di PMTF prima della pausa estiva, e come adeguato compimento del viaggio nella memoria del grande cuoco di Busseto.

È stato un onore ospitare questo diario di ricordi culinari tra le nostre pagine. Speriamo di essere riusciti nel nostro scopo originale – che era una commistione di racconto, tributo e documentazione storica.

Vi lasciamo con una salva finale di ricette straordinarie, cha saranno di ispirazione ai lettori curiosi ai fornelli.

Grazie Chef Ivo,

con ammirazione e amicizia.

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IL PAVONE, PIATTO VERDIANO PER UN PRANZO RINASCIMENTALE

“Tra le ricette che la brigata di Casa Verdi preparava al seguito del maestro nei suoi viaggi nazionali c’erano ricette ben più impegnative dei risotti. Come abbiamo già detto, molte tra queste erano interpretazioni di piatti rinascimentali.

Uno in particolare m’incuriosì, anche perché raccontava un aneddoto proprio di Busseto…

Si riporta infatti che l’allora sindaco Corbellini fece omaggio al maestro di un pavone, e che per tutta risposta si vide ringraziare con invito a tavola la domenica successiva, per gustare insieme il gentile omaggio.

Decisi di riproporre proprio quella ricetta. Una lavoro inconsueto e certosino, dove l’aspetto decorativo e l’effetto visivo non era secondario all’effetto al palato.

L’occasione fu un importante ricevimento a Palazzo Marchi a Parma, documentato da molti giornalisti, per l’inaugurazione del Verdi Festival del 1990.

Banchetto rinascimentale alla moda di Maria Luigia, con omaggio alla cucina di casa Verdi.

Invitate circa duecento persone.

Questo il menù del pranzo di quel giorno:”

SAVARIN DI RISO RIVISITATO, il mio saluto all’amico Cantarelli

A Verdi e Maria Luigia sono approdato solo grazie alla cultura gastronomica delle mie campagne, le sue ricette, e i suoi classici.

Durante tutta la mia carriera di chef, ho tenuto molto a presentare lo spirito della Bassa in tavola attraverso alcuni suoi classici.

Nel 2000 decisi di partecipare al concorso Chef Club indetto dal produttore Ferrarini, e scelsi di proporre un mio omaggio a una ricetta della bassa divenuta famosa, salutando in questo modo il suo autore originale.

Il piatto che presento è una mia variazione del Savarin di riso di Cantarelli a Sanboseto.

Con Cantarelli avevo un rapporto stretto, e solo di lui potrei parlare mezz’ora.

Io gli davo le pancette (col ristorante Sole avevamo i nostri maiali  – a Soragna – e la nostra produzione di salumi), lui a fine anno mi dava lo champagne, di cui aveva una cantina memorabile.

La fama del suo ristorante, che persiste ancora – più di 30 anni dopo la chiusura  – è un testamento alla bontà e semplicità della loro cucina, secondo me.

Dico loro, perché non posso non nominare la moglie. Anzi, lui era il grande cambusiere, lei la grande cuoca, mi permetto di dire.

Era una custode della tradizione, che riproponeva le ricette della fiera del paese: piatti semplici – nel senso migliore del termine –  e solo prodotti di qualità eccellente.

Il Savarin alla Cantarelli è sinonimo dei suoi ingredienti speciali.

Il più famoso: la lingua di bue salmistrata, con cui si fodera la ciambella che ospiterà il riso.

Secondo, il condimento del riso: palline di luganega saltate col vino, poi preparate in umido con i funghi secchi.

È  davvero una ricetta superba – nonché piuttosto pratica –  che posso dire essere sempre stata amata dagli chef di Parma, come “bandiera” dei nostri primi piatti più raffinati.

Il mio omaggio doveva essere davvero tale. Il che, nella mia visione, significa una cosa fondamentale: non cambiare niente degli ingredienti originali. Piuttosto, aggiungere qualcosa – ma che si sposi bene come “terzo protagonista” dopo gli altri due.

La mia variazione che scelsi fu questa: tra il riso e la lingua, inserire una sotto-fodera di strisce di asparagi lessati.

Parola di chef: può sembrare un’aggiunta fin troppo semplice….ma ci misi molte considerazioni per arrivare a questa scelta.

È la morale della cucina: semplice non vuol dir facile.

Savarin di riso

LA DUCHESSA DI PARMA, la mia versione

Stavolta ad un evento organizzato dal Resto del Carlino, ci trovammo in un numero di cuochi del parmense ad interpretare uno tra i piatti più celebri della cucina di Maria Luigia – il petto di tacchino farcito, ricetta che negli anni successivi prese proprio il nome di Duchessa di Parma.

Questa è la mia versione del classico.

Per la farcia, un ripieno di luganega, parmigiano e uova.

Così riempito, il petto di tacchino va infarinato, spadellato in un soffritto di cipolla e fatto rosolare col vino bianco.

A parte, in un altro soffritto si fanno saltare dei porcini secchi; pronto il sugo lo si adagia sul petto rosolato.

In cima a tutto, una lamellata di tartufo.

LE PENNELLATE PARMIGIANE

Se ho parlato a lungo della tradizione e dell’interpretare antiche ricette, è ora di nominare anche che inventi di sana pianta – che in genere nascono da un’occasione o un evento importante, e in cui metti alla prova il tuo ingegno culinario.

Tra queste, una delle creazioni a cui sono molto affezionato sono le Pennellate Parmigiane.

L’occasione fu un concorso che si teneva a Salò: 32 pittori contemporanei, abbinati ad altrettanti chef. Il mio partner designato era il pittore Proferio Grossi, e il nome al piatto lo diede lui.

Il piatto era essenzialmente una lasagna….un po’ elaborata.

Tre diverse sfoglie – una bianca, una rossa, una verde.

Tra le sfoglie, due diversi strati: uno era un ripieno di spinaci, ricotta e formaggio – tipo tortelli d’erbetta –  l’altro un ragù di carne di maiale.

Il quadrello di lasagne faceva da base per delle mezze quaglie ripiene. Il pieno in questione era a base di pasta di salame, formaggio e uova; quindi le mezze quaglie così farcite erano avvolta nella pancetta e cotta al forno con un po’ di vino bianco.

Il piatto e il dipinto di Grossi piacquero entrambi, perché arrivammo primi….e io ho poi aggiunto nel menù del mio ristorante un piatto che ha rappresentato il mio ristorante per tutta la sua durata.

AMARE I PRODOTTI DELLA PROVINCIA DI PARMA

Sono cuoco da più di 50 anni, e oggi come ieri sono sempre stato intimamente grato per tutti prodotti che nascono nella nostra provincia.

Grato perché con questi prodotti – della terra, come della produzione, alcuni famosi nel mondo, altri ancora solo locali – ho sempre pensato che fare il cuoco fosse stato per me più facile.

Di mio ci dovevo mettere solo la passione, al resto ci pensavano i prodotti. Questo era il mio pensiero, specie da giovane, e mi ha portato molto lontano.

Per riassumere e concludere:

Secondo me con l’amore per la cucina nel cuore e con le nostre produzioni alimentari nel tagliere, io dico che non è possibile non far da mangiar bene.

Le foto sono di proprietà di Ivo Gavazzi. Ringraziamo quindi per la gentile concessione.