Quarto capitolo nel viaggio della memoria dello Chef Ivo Gavazzi, grande autore culinario della Parma in tavola del Novecento. Con Gavazzi si riscopre la cucina di casa Verdi e la si rende identitaria del territorio parmense, con una popolarità crescente per lo chef di Roncole. Vediamo oggi quali sono le evoluzioni della sua carriera, nel suo personale percorso di haute cusine del territorio.
FUORI DAL RISTORANTE: PORTARE L’ALTA CUCINA NEI RICEVIMENTI
Nel 1980 ho chiuso il mio ristorante – decisi di aprire una gastronomia, che facesse da base per i catering.
È in quel momento che è iniziato il periodo più ricco della mia ricerca in cucina.
Venivo da quasi vent’anni in cucina, quindici come capo chef, e dodici come chef proprietario. Avevo creato il mio percorso di alta cucina d’impronta storica, che mi appassionava e che mi dava grandi soddisfazioni.
La mia scelta di lasciare le quattro mura del ristorante fu per dedicarmi alla mia alta cucina, alla mia sperimentazione, in modo completo. Fino a quel momento aveva rappresentato delle occasioni speciali – non poche, se vogliamo – dove avevo presentato antichi piatti da me ripescati e reinterpretati, o mie creazioni per l’occasione.
Ecco, aprendo una mia gastronomia e dandomi al catering, mi rivolgevo in pieno a questi eventi ed occasioni speciali – proponendo piatti speciali.
Dalle campagne alla città, dai matrimoni ai ricevimenti. I clienti mi cercavano espressamente per dei piatti speciali – non necessariamente verdiani, anche solo ricette “nobili” e ormai inconsuete; quel tipo di ricette che in un ristorante potresti proporre solo di rado, se non altro perché care, anche solo di materia prima.
Per citare due ricette che preparavo spesso in quegli anni:
Sella di vitello alla Orloff – una una schiena intera ripiena di porcini e tartufi, cotta al forno e servita a fette con due salse, la soubise e la mornay.
Filetto alla Wellington o nel nome originale francese, Filet de bœuf en croûte – un filetto intero, rosolato e avvolto nella salsa duxelles, poi avvolto nella pasta sfoglia e infornato.
Come detto, la base operativa dei catering era il negozio di gastronomia, sempre in centro a Busseto.
Come spirito, prodotti in vendita e piatti tipici, posso dire che anche la gastronomia aveva una sua identità precisa.
Voglio nominare due proposte su tutte, per cui ci distinguevamo e la gente entrava.
Come prodotto i culatelli, interamente di nostra produzione: circa 80 l’anno, dai nostri maiali a Soragna. Come cucina, un mio piatto che ha un posto speciale nei miei ricordi, e che mi ha accompagnato a lungo: lo storione.
LO STORIONE ALLA MIA VERSIONE
È una delle ricette che mi hanno seguito di più – dal ristorante, ai catering, al banco della gastronomia. Ho cucinato lo storione per una vita.
L’apprezzamento per il mio storione mi onorava per un motivo doppio. Pesce dalle carni nobili, apprezzato in tutto il mondo….ma per me era in primis una tipicità della bassa – un nostro pesce, comune delle nostre rive del Po, e poi praticamente scomparso.
Ricordo l’ultimo storione gigante pescato in questo tratto di fiume, era il 1973. Pesava 176 chili, e chiamarono me per cucinarlo. C’è ancora la foto alla Trattoria dell’Ongina (ndr: in bella mostra, a fianco alla porta d’ingresso).
Nel giro di pochi anni, non c’erano più storioni nostrani – o almeno, quelli che ordinavi erano tutti di provenienza russa. Nostalgia a parte, la qualità delle carni era sempre molto alta.
Partenza della ricetta, la cottura. Preparo una court billon: tant’acqua quanto vino bianco, foglie d’alloro, aglio, cipolle e sedano. Lasciata sobbollire per dieci minuti, calo le porzioni di storione: una volta bollite per il tempo necessario alla porzione, si spegne il fuoco e si lasciano raffreddare nel brodetto.
Rifilato e tagliato in fettine sottili, si condisce con una vinaigrette classica, e lo accompagno con una julienne di sedano rapa, a sua volta condita con maionese leggera.
È una preparazione delicatissima, che faceva contenti palati diversi. Mi è valsa due primi premi, ma come detto mi è più cara per il suo successo nella gente, nei decenni.
Vi aspettiamo alla prossima puntata!
Le foto sono di proprietà di Ivo Gavazzi. Ringraziamo quindi per la gentile concessione.